SPAD VII

Inizio restauro 2001

Fine restauro 2003

La storia del restauro

SPAD VII di Fulco Ruffo di Calabria

Considerato per molti anni un aereo non originale ma un simulacro realizzato con parti di vari SPAD, venne per questo utilizzato per rappresentare l’aereo di Baracca in varie manifestazioni. Questo fino al 2001 quando l’aereo, ormai ridotto ai minimi termini, fu affidato al GAVS ROMA-ODV per un restauro da effettuarsi in un hangar messo a disposizione dalla Forza Armata all’aeroporto dell’Urbe.
Imponente il numero degli interventi eseguiti dai soci della sezione, vengono ricostruite numerose centine delle ali e riparati bordo di attacco e di uscita, sostituito il puntone di sostegno della deriva realizzato ex-novo su disegni originali, ricostruita come da disegni originali anche il dorso della fusoliera, restaurati i piani di coda che soffrivano anche di numerosi danneggiamenti, revisionato il carrello d’atterraggio con la ricostruzione di numerosi elementi mancanti, tipo il pianetto aerodinamico che carena gli assali delle ruote, e l’inserimento di elementi mancanti come gli elastici ammortizzatori. Restaurato il pannello strumenti, smontato il motore, ripulito e poi rimontato. Tutti i particolari “sani” in legno, tipo i montanti di irrigidimento delle ali, sono stati comunque riportati a legno e di nuovo trattati con vernici protettive. Il GAVS Torino, nel miglior spirito dell’associazione, ha contribuito costruendo la scatola di contenimento dei bossoli della mitragliatrice partendo dai soli disegni.
Contemporaneamente all’avvio dei lavori di restauro inizia la ricerca storica sull’identità dell’aereo per arrivare, se possibile, all’identificazione certa della macchina viste le numerose e diverse matricole rinvenute su vari parti in lamiera dell’aereo stesso.
Improvvisamente ai primi del 2003 l’indisponibilità dell’hangar provoca la sospensione del restauro. Mentre la Direzione del Museo di Vigna di Valle si adopera per trovare una soluzione per completare il lavoro si hanno i primi risultati della ricerca storica.
Tramite indicazioni di esperti francesi di aeronautica della IGM viene rintracciata su di un fianco della fusoliera la matricola originale, S153. Di colpo il simulacro, il “finto SPAD di Baracca”, diviene lo SPAD più vecchio al mondo, infatti tutti gli altri SPAD esposti nei vari musei hanno matricole a quattro cifre! Viene appurato così che era in realtà l’aereo dell’asso francese Paul Louis Malavialle, operante sul fronte italiano con la Escadrille Spa.69.
A seguito della carenza di aerei da caccia di alte prestazioni nell’aviazione del Regio Esercito, fu deciso di chiedere aiuto alla Francia, la nazione all’epoca più avanzata al mondo nel campo aeronautico. Nell’attesa che la fabbrica si strutturasse per aumentare la produzione il governo francese, vista l’urgenza, decise di inviare una prima aliquota di SPAD VII prelevandoli direttamente dai suoi gruppi di volo, questo esemplare insieme ad altri, venne ritirato dalla prima linea, revisionato ed inviato in Italia. Dopo la guerra venne, come segno di riconoscenza, donato dal nostro governo a Fulco Ruffo di Calabria, che con 20 vittorie aere è il nostro quinto maggior Asso nella Iᵃ GM, il principe lo donò poi all’Aero Club di Napoli. Conservato per molti anni presso la Reggia di Caserta nel dopoguerra viene inviato, molto danneggiato, a Vigna di Valle. Negli anni ’60 un pesante restauro lo salva ma lo trasforma in una chimera facendogli perdere l’identità e cancellandone la storia.
Il lavoro riprende nel 2005 a Vigna di Valle a cura di un team di specialisti del museo AM con la preziosa collaborazione di Marco Gueli che tra l’altro raggiunge alti risultati nell’intelaggio e nella livrea che riproduce proprio l’esemplare di Ruffo.

Abbiamo parlato di questo restauro su Ali Antiche nei numeri 60, 61, 62, 63, 64, 68 e 70.

Lo SPAD S.VII prodotto dalla Sociéte Pour l’Aviation et ses Dérivés, più brevemente SPAD, è uno dei più famosi aerei della prima guerra mondiale e probabilmente il miglior caccia dell’Intesa. In servizio in Italia dal marzo 1917 con esso volarono i principali Assi italiani tra i quali Francesco Baracca, Fulco Ruffo di Calabria, Ernesto Cabruna.
Disegnato nel 1915, compiva il primo volo nell’aprile del 1916 motorizzato da un moderno 8 cilindri a V da 150 hp, ideato dal brillante ingegnere svizzero Birkit e prodotto dalla Hispano-Suiza. Le prestazioni eccezionali impressionarono l’Aviazione francese che ne ordinò 268 esemplari.
Gli esemplari di produzione avevano la designazione S.VII, successivamente venne montata la versione 8Ac del motore con potenza di 180 hp. Piattaforma di tiro stabile era anche robusto e veloce ma di difficile pilotaggio a bassa velocità. Dello SPAD VII furono prodotti 5600 esemplari, venne anche prodotto su licenza in Inghilterra presso Brooklands mentre nessuna ditta italiana ne acquisì la licenza.

Restauro

Stelaggio dell’ala superiore e delle semi-ali inferiori, valutazione dei danni strutturali, riparazione.
Prima della rimozione della tela non originale, sembrava che le ali fossero in buone condizioni ma, una volta rimossa, si è visto che, purtroppo, così non era. La semiala inferiore destra, quella più originale delle due, era in condizioni accettabili mentre la sinistra era notevolmente danneggiata. Per questa, oltre la sostituzione delle centine irrecuperabili, fu deciso di sostituire anche quelle in buone condizioni ma non conformi al progetto originale, in quanto prive dei fori di alleggerimento, installate in uno dei restauri precedenti. In effetti, solo le centine in corrispondenza degli attacchi dei montanti delle ali e negli altri punti dove maggiori erano i carichi strutturali, erano piene per meglio sopportare i carichi strutturali.
La struttura dell’ala superiore era in pessime condizioni, oltre ad una lesione nella zona centrale del longherone posteriore si poteva riscontrare il marcimento della gran parte della struttura. Alla fine del restauro si è valutato che la ricostruzione ha interessato circa l’80% della struttura.
Dalle foto ci si può rendere conto del lavoro effettuato.

L’intelaggio

L’intelaggio è stato effettuato secondo quanto emerso da una ricerca sulle procedure ed i materiali in uso all’epoca, ad esempio è stata utilizzata tela di lino, non il cotone né tanto meno il moderno Dacron. Inoltre, si è appurato che sugli SPAD francesi di allora la tela non veniva cucita e solo su alcune centine era inchiodata direttamente al legno. La fila dei chiodi veniva poi coperta con nastri, non seghettati, come era uso e tutto questo è stato riportato su questo esemplare come altre peculiarità, tipo l’apertura a “T” per l’ispezione sul lato sinistro della fusoliera che era assente.

Alla fine, su quasi tutto l’aereo sono state applicate sette mani di tenditela “normale” e tre mani del tipo “colorato”, a finire. Infatti, per riprodurre la caratteristica colorazione gialla, tipica degli SPAD VII francesi, è stato impiegato un tenditela realizzato ad hoc, con una formula rintracciata in Francia e che fu utilizzata dal GAVS Torino quando restaurò lo SPAD di Lugo. Questo composto è formato da 92 parti di tenditela e 8 parti di pigmento giallo ocra, l’elemento che ne determina il particolare colore giallo. In assenza di qualsiasi documentazione o campioni di colore, per il colore di fondo della livrea dell’aereo di Ruffo il riferimento è stato l’esemplare del Musée de L’Air et de L’Espace a Le Bourget, l’unico di cui si sia conservata la tela originale. La sua tonalità risulta, però, molto chiara e si è pensato dovuta, con ragionevole approssimazione, ai 90 anni circa trascorsi dalla sua costruzione che hanno alterato il pigmento, scolorendolo. Il team di restauratori, per determinare la tonalità più adatta, ha effettuato numerose prove stendendo varie mani su dei campioni di tela stesa su telai in legno fatti per l’occasione, per poi decidere per un tono molto più acceso di questo colore, quello attualmente visibile sull’aereo.

Realizzazione della livrea dell’aereo di Fulco Ruffo di Calabria

Una volta realizzata la base sono state applicate sotto le ali le bande rosso e verde di nazionalità come era lo standard di allora. Per le coccarde alari si è deciso di applicare il verde all’anello esterno perché tutti i reperti oggi esistenti e provenienti da aerei italiani del 1918, mostrano il verde all’esterno. La logica farebbe invece pensare che su questo aereo, arrivato come molti dopo un periodo di servizio nell’aviazione francese, sarebbe stato più rapido e pratico coprire il blu al centro della loro coccarda con il nostro verde. Per l’insegna personale di Fulco Ruffo di Calabria, le numerose e dettagliate foto d’epoca esistenti sono state determinanti per una perfetta realizzazione. Con un programma di grafica sono state acquisite le foto del famoso teschio ed eseguite le correzioni dimensionali del caso. Si è ottenuta così una maschera in cartone con intagliati i ”vuoti” (tipo le orbite), necessaria per tracciare il disegno a matita e posizionare correttamente l’immagine sulle fiancate dell’aereo (utili sono stati i correntini della fusoliera, ben visibili anche nelle foto). I contorni a matita sono poi stati riempiti a pennello con vernice bianca o nera a riprodurre l’inquietante insegna di Ruffo.

Anche in questo caso però, la Direzione del Museo ha dovuto fare delle scelte. In effetti, tra tutte le numerose foto dell’epoca disponibili, non ve n’è alcuna che mostri il lato destro dell’aereo. Cosa c’era allora su questo lato dello SPAD del principe Fulco Ruffo, un altro teschio, oppure il “Grifo” della 91ª, oppure nulla? E’ stato deciso di riportare di nuovo il teschio e va bene così, ma il lavoro di ricerca per gli appassionati continua…

Assemblaggio della fusoliera

A Vigna di Valle il motore era arrivato già pronto, infatti all’Urbe erano stati rimossi e puliti tutti gli accessori ed il propulsore, anche se non si è proceduto al suo completo smontaggio per mancanza di idonee attrezzature. Tutto è stato comunque controllato, ripulito in ogni sua parte e rimontato, come è stato fatto anche per i comandi di volo.

Gli aerei all’epoca avevano un minimo di strumentazione ed impianti semplicissimi, ma questo esemplare aveva però perduto nel tempo buona parte dei suoi componenti, l’abitacolo risultava piuttosto vuoto. Il sedile è stato realizzato prendendo come campione quello dello SPAD di Cabruna, era mancante anche tutta la strumentazione, contagiri, temperatura olio ed acqua, altimetro e l’unico strumento presente era l’indicatore del livello carburante. Gli strumenti mancanti sono stati sostituiti, in attesa di recuperarne di originali, con simulacri con i quadranti realizzati fotografando strumenti dell’epoca e poi elaborando il tutto al computer.

Il carrello era mancante di alcuni particolari che lo rendevano non funzionante. Gueli ha disegnato le parti mancanti, che sono state realizzate dal personale del 2° GMV di Guidonia, mentre per la carenatura dell’assale del carrello, lo specialista americano Ellic Somers ha inviato i disegni che poi, sempre Marco, ha utilizzato per la riproduzione della struttura in legno poi rivestita anch’essa in lino. Intelati, come sull’aereo originale, anche i cerchioni degli pneumatici.

A questo punto un doveroso ringraziamento va alla Michelin che da anni fornisce, gratuitamente, stupende copie di pneumatici, realizzati con le dimensioni e l’aspetto degli originali, per i restauri di aerei francesi. E’ stato dato il giusto risalto al ritrovato numero di costruzione, S153-9-16, foto dell’epoca lo mostravano, a volte, visibile, protetto da un elemento trasparente; è stato deciso di riprodurre questa soluzione.
Durante i lavori sono stati trovati oltre all’ “S153” anche altri numeri di serie, sulla deriva, su alcune lamiere, “1383” e “1240” i più frequenti, segno che, durante la guerra o subito dopo, per mantenere efficiente l’aereo furono utilizzate parti di altri SPAD.

Per ultimo, il tocco finale, il Gueli ha realizzato anche i disegni del collimatore a cannocchiale, copiando quello dell’esemplare presente presso il museo Baracca di Lugo, realizzato poi dagli specialisti di Vigna di Valle, mentre il museo ha messa a disposizione una mitragliatrice Lewis originale, la cui installazione è stata valorizzata dalla ricostruzione di tutto l’impianto di alimentazione e scarico bossoli, nonché del sistema di sincronizzazione e di sparo, un cavo inguainato collegato ad un’apposita manopola incernierata alla sommità della cloche.

Alla fine di questo importante restauro un sentito ringraziamento ai soci (in ordine alfabetico) Massimo Baldazzi, Alessandro Barteletti, Italo Battioli, Michele Bianchi, Carla Ceccarelli, Riccardo Cornoldi, Bixio Ferretti, Lorenzo Corradi, Michele Gratta, Marco Gueli, Marco Ottaviani, Gianpiero Pino, Stefano Petrini, Paolo Varriale.